Giochi. Aronica: "si alla regolarizzazione, no al proibizionismo"


16 maggio 2016 | Attualità
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Il vicedirettore Area Monopoli dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, Alessandro Aronica, ha affermato che: "la situazione che il gioco sta vivendo potrebbe alla fine produrre effetti positivi solo per il mercato illegale. E di ispirazione proibizionista sembrano essere le norme approvate degli enti locali sulle distanze minime dei punti gioco dai cosiddetti luoghi sensibili". A tal proposito, sostiene che bisogna trovare un equilibrio tra prevenzione della ludopatia, continuità degli investimenti delle imprese e tutela del gettito erariale.

In tema di distribuzione dell'offerta di gioco sul territorio, Aronica, ha mostrato una valutazione elaborata dall'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, “sulla base della dislocazione degli apparecchi da divertimento e delle sale giochi del circuito legale, l’osservazione di distanze dai ‘luoghi sensibili’ paragonabili a quelle introdotte dalle leggi regionali dal 2010 a oggi inciderebbe su quote molto rilevanti dell’attuale offerta: se si considerano le sole scuole, i punti vendita interessati dai divieti sarebbero, su un totale di 84093, rispettivamente 15.669 entro 100 metri, 52.707 entro 300 metri, 65.397 entro 500”. A conti fatti,  il 77.7 % dei punti vendita correrebbe il rischio di chiudere i battenti, con una probabile " riduzione del gettito complessivo" di 3,503 miliardi. Aronica, sostiene che la legge di stabilità avrebbe stabilito le basi per un approccio diverso rispetto a un metodo quasi proibizionista:“sono state poste le premesse per una regolamentazione di carattere generale concordata con gli enti locali”  ovvero, consiste in una presa di posizione "non proibizionista ma vigile". Inoltre in un'intervista al quotidiano Il Sole 24 ore, ha sottolineato che l'obiettivo primario del settore giochi "resta quello di regolamentare il mercato per per incanalare il gioco nel circuito legale, innanzitutto a tutela del giocatore”; in conclusione, sulla ludopatia e sull'impatto sociale, l'assenza di cifre ufficiali sul caso italiano “lascia spazio a illazioni di ogni sorta nella vasta gamma che va dalla minimizzazione sino alla drammatizzazione”. Per avere dati affidabili, l’Agenzia ha avviato a fine 2015 un progetto di ricerca epidemiologico avvalendosi dell’Istituto superiore di Sanità: “occorre affrettarci per colmare il gap conoscitivo che ci separa dagli altri Paesi europei".


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