Secondo una ricerca dell'Università americana del Buffalo Research Institute on Addictions (RIA) la ludopatia non va a braccetto con l'aumento delle possibilità e dell'offerta di gioco. I ricercatori hanno intervistato 2.613 persone in una prima tornata nel periodo 1999-2000, mentre hanno effettuato una seconda tornata, intervistando 2.963 persone, nel periodo 2011-13. Agli intervistati è stato chiesto di esprimere la loro propensione al gioco sulla base di una vasta gamma di attività. Quello che è emerso è che, nonostante l'aumento delle opportunità di gioco, la percentuale dei soggetti con un approccio problematico al gioco è rimasta piuttosto stabile. I comportamenti che rivelano problemi di dipendenza da gioco sono rimasti sempre gli stessi: pensare continuamente di giocare, emozione sempre crescente quando ci si accosta al gioco, mentire per nascondere il problema e incapacità di smettere di giocare.
Gli studiosi poi non hanno trovato variazioni statisticamente significative rispetto ai due periodi di riferimento per quanto riguarda il gioco problematico e il gioco patologico. Nel campione analizzato i giocatori problematici sono passati da essere il 3,5 a rappresentare il 5,5% degli intervistati, mentre quelli con una vera e propria ludopatia sono passati dall'1 al 2,4%. Per quanto riguarda invece le differenze tra uomini e donne, si rileva che gli uomini hanno il doppio delle possibilità di sviluppare problemi con il gioco. Anzi, nei due step di ricerca si rileva un abbassamento dal 2,9 al 2,5% . I ricercatori hanno scoperto che complessivamente la partecipazione al gioco è diminuita: tra il 1999 e il 2000 l'82,2% del campione si accostava al gioco, mentre nell'ultima indagine il 76,9% degli intervistati gioca. Il numero medio dei giorni in cui si gioca è diminuito passando da 60 giorni in un anno a 53,7 giorni.
«Abbiamo confrontato i risultati di due indagini telefoniche a livello nazionale e non abbiamo trovato alcuna significativo aumento dei tassi di gioco problematico negli Stati Uniti, nonostante un aumento delle opportunità di gioco a livello nazionale», ha affermato John W. Welte, scienziato del RIA. «I nostri risultati mostrano chiaramente che residenti degli Stati Uniti stanno giocando meno spesso».
Precedenti ricerche avevano scoperto che le persone hanno il doppio delle probabilità di essere giocatori problematici se vivono nel raggio di 10 km da un casinò. Quindi, con un numero crescente di case da gioco nel Paese, perché il gioco problematico non è aumentato?
«Potrebbe essere - ha risposto lo studioso - a causa della crisi economica che abbiamo vissuto a partire dal 2008, che ha comportato un calo del giro d'affari delle case da gioco. Potrebbe anche essere dovuto alla "teoria di adattamento": mentre gli aumenti di esposizione a luoghi di gioco possono in una fase iniziale condurre ad un incremento dei tassi di gioco problematico, una popolazione finirà per adattarsi e con il tempo a non essere spinta ad andare a giocare pur avendo l'occasione vicino a casa».